lunedì 18 gennaio 2016

SI VESTIVANO DI STOFFE DA DIECIMILA EURO AL METRO, LE PIU' ELEGANTI DAME DEL RINASCIMENTO

 LE DUE DAME PIU' ELEGANTI DEL RINASCIMENTO

Beatrice d'Este, moglie di Ludovico Sforza, duchessa di Milano, gareggiava con la sorella in eleganza e splendore.

 Isabella d'Este, signora di Mantova, e sua sorella Beatrice, duchessa di Milano, segnarono con la loro splendida eleganza la moda del tempo. Abiti tempestati di diamanti, Beatrice se ne fece fare 84 in un anno, la sorella per non essere da meno, ne ordinò 94.

Isabella d'Este, signora di Mantova una delle più splendide dame del Rinascimento Italiano, in un disegno "bistro" attribuito a Leonardo e conservato al Museo  del Louvre.

Ercole  d'Eeste, Duca di Ferrara, Modena e Reggio

Nello splendore del Rinascimento italiano brillarono di luce sfolgorante per fasto ed eleganza le corti di Ferrara e di Mantova, alle quali dette una particolare impronta Isabella d'Este, di cui gli storici narrano che all'età di quattro anni e mezzo già aveva consumato trentadue paia di scarpe. Troppe, se la parola consumate non fosse inesatta perchè la piccola principessa le avrà smesse quasi ancora nuove. Ma è un particolare indicante della vita lussuosa che si conduceva alla corte estense, la più splendida del Rinascimento. I signori di Ferrara sono assai danarosi, tanto da poter imprestare 800000 scudi al Re di Francia e mostrarono senza veli tutta la loro enorme ricchezza. Ercole il padre di Isabella, quando, nel 1471 entra in Ferrara con lo scettro d'oro in mano, porta un manto di velluto cremisi, una collana carica di gemme, va in chiesa sotto un baldacchino di raso. In viaggio si fa seguire da un corteggio di 175 mule con i colori della Casa, per i bagagli, ( 75  muli con  campanelle d'argento e gualdrappe di velluto portano il suo guardaroba personale ); 500 cavalieri in broccato d'oro, 80 cacciatori tenendo ciascuno 4 cani al guinzaglio, trombe, pifferi, staffieri, scudieri, tutti in broccato d'argento. Al castello forte dei suoi padri ( gli Este, razza di condottieri, sono soldati ) egli aggiunge  palazzi, ville con parchi esotici e giardini chiamati "delizie", dove si danno feste e spettacoli che hanno nome " cortesie ". Sulle belle strade ampie e regolari che egli "lanciava ad incontrar le muse" e facevano di Ferrara la prima città moderna d'Europa, la piccola Isabella passa in un sontuoso cocchio intagliato e dorato. Da fanciulla si fa adolescente fra splendori di vesti, di gioielli, di animali rari. ( A un anno stà seduta sopra una sella speciale fatta " per portare la putina a cavallo"). Dorme in camere troppo tappezzate di arazzi fiamminghi, su letti coperti d'oro, legge le storie dei paladini di Francia, i manoscritti religiosi di raso bianco sparso di pelle, suona la viola dall'impugnatura intarsiata e ingioiellata, gioca con carte dipinte dal Mantegna. Forse non è bella propriamente ( ella non amava posare e non era sempre contenta dei ritratti che le facevano, forse a tutti preferiva il disegno suggestivo di Leonardo) ma possiede i doni dell'intelletto: ama tutte le arti e se ne adorna, e insomma, come dice l'Ariosto, "d'opere illustri e di bei studi amica". Quando  a sedici anni va in sposa a Francesco Gonzaga, ella porta nella reggia di Mantova qualcosa di più delle abitudini lussuose contratte nella corte di Ferrara: cioè un gusto personale ed un desiderio estroso di primeggiare, una sete di bellezza che non sarà spenta che con la morte. Chiama ad ornare i suoi salotti (i famosi Camerini), Tullio Lombardo, G.Cristoforo Romano, il Perugino, il Mantegna, il Correggio. E, in quelle stanze che ella chiama il suo Paradiso, dalle porte ingemmate come quelle dei Cibori, Isabella non vuole essere soltanto la Musa ispiratrice di bellezza, ma l'immaggine della bellezza stessa. All'atto del matrimonio, suo padre le aveva assegnato, oltre la dote di ottomila ducati, ai gioielli e alle preziosità, un certo numero di vesti intessute d'oro, d'argento a disegno di animali veri o fantastici, secondo la moda venuta d'Oriente:  a simboli d'amore e a motti e imprese tratti dai romanzi cavallereschi, di cui la biblioteca ducale abbondava. E tuttavia, quasi subito dopo le nozze, Isabella scrive a Ferrara per aver "i disegni delle nostre arme et divise di drappi". Su queste stoffe, che si chiamavano Literatae, disegni e parole erano tessuti, o ricamati, o anche applicati, nel qual caso la materia ne era preziosissima: oro e gemme. Si sà difatti che, in un sollenne banchetto, a cui Isabella prese parte con una veste "di candelieri d'oro per impresa", gliene furono rubati sette. Altre principesse italiane emergono per fasto ed eleganza in quell'epoca in cui la vita delle corti ha un tono supremamente signorile e alla donna è concesso di mostrare intera la sua individualità, ma  Isabella riesce a superarle tutte. Sua sorella Beatrice, andata in sposa al duca di Milano, si fa in un anno ottantaquattro vesti? Isabella, la stagione successiva, ne ordina novantatre. Lucovico il Moro, per farle cosa gradita, le manda in dono, nel 1494, tredici braccia di "panno d'oro rizo sopra rizo (noi diciamo allucciolato) facto alla divisa sua della colombina". Sà che a Beatrice ha descritto alla sorella lo sfarzo mondano delle nozze di Bianca Maria con Gian Galeazzo, in cui la giovane imperatrice di Germania comperava i vestiti di raso cremesino ricamati ricchissimamente" a raggi d'oro com lo burlo pieno di zoje, e Beatrice aveva nella balzana della camora i vincii (specie d'impaccio) d'oro massiccio. E quando Isabella và a Milano, Ludovico la porta da un mercante a scegliere una stoffa con una divisa detta "del fanale", che rappresenta il porto di Genova, cioè due torri e il motto: tal trabajo mes'placer portal thesauro no perder, la quale costa la bellezza di quaranta ducati circa diecimila euro di oggi) al braccio! 



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