venerdì 27 novembre 2015

IL FANTASTICO RINASCIMENTO ITALIANO SECONDA PARTE #ELFORNESO

 Forte del proprio prestigio, Leonardo può quindi proporre una soluzione prospettica canonica per l'intero dell'Ultima cena e optare per la sua nuova "prospettiva aerea" per gli esterni, cioè i paesaggi di altri dipinti, là dove con "aereo" si intende "determinato dall'aria". I suoi studi gli hanno infatti dimostrato che l'atmosfera ha una sua consistenza e quindi un suo colore, si infittisce man mano che ci si allontana dal soggetto osservato e quindi ne sfuma le linee e ne fa virare il colore sull'azzurro.
Il fermento che caratterizza la corte di Ludovico il Moro viene però bruscamente interrotto nel 1499, quando il nuovo re di Francia Luigi XII rivendica il ducato conquistato dallo Sforza facendo appello alla propria discendenza dai Visconti attraverso Valentina Visconti: dopo avere sconfitto Ludovico a Novara l'anno successivo, lo deporta in Franci, dove questi morirà. Con la fine della corte di questo illuminato mecenate si chiude anche il periodo milanese di Bramante e Leonardo. Il cinquantacinquenne Bramante si trasferisce a Roma, mentre l'appena più giovane Leonardo va a Venezia che, minacciata dai turchi, richede la sua consulenza militare. Prima però si ferma alla corte mantovana di Francesco Gonzaga e Isabella l'Este, dove dipinge per la colta marchesa una Madonna e un Cristo dodicenne. Dopo Venezia e Parma è la volta di Firenze e Roma, ma Leonardo non si trova a suo agio nell'Urbe, che abbandona per tornare a Mantova. Tra il 1502 e il 1503 pare che faccia l'agente segreto della Repubblica fiorentina, e sicuramente si occupa di ingegneria militare per Cesare Borgia e Iacopo I Appiani a Piombino. Per loro inventa nuovi proiettili e potenzia cannoni e spingarde, ma insieme studia sistemi di difesa passiva come torrioni e fortezze, i cui progetti verranno rispresi da Michelangelo quando dovrà occuparsi della difesa di Firenze nel 1527.
Firenze non è mai stata lontana dal cuore del maestro, che vi ritorna poco dopo il rogo del Savonarola. Adesso la voce del frate tace, ma la sua influenza sul clima culturale e soprattutto spirituale cittaddino è ancora viva. In particolare, si è affermato il genere della pittura devota e persino Botticelli sembra meditare sul falò delle vanità, quand'ecco che un fatto cruciale interviene a smuovere le acque dell'ambiente artistico fiorentino:l'arrivo di Michelangelo, che subito apre il confronto-scontro con Leonardo. Una contrapposizione che si fa aperta nel 1504 in una sorta di duello: la commissione della Signoria per affrescare con un soggetto storico la Sala del Maggior Consiglio a Palazzo                                                     Vecchio.                                                                                                                        
A Leonardo spetta la Battaglia di Cascina, a Michelangelo la Battaglia di Anghiari. Curiosamente a noi non è arrivato nessuno dei due dipinti, perchè quello leonardesco si deteriorerà già durante la lavorazione e quello michelangiolesco rimarrà allo stadio di cartone preparatorio quando l'artista verrà richiamato a Roma. Ne abbiamo comunque varie copie, dalle quali si deduce che l'impostazione vinciana è quella di un ciclone, una lotta vorticosa e furibonda di uomini e animali che rappresenta tutta la violenza bellica, quella "pazzia matta e bestialissima" che l'umanista Leonardo non esita a condannare, nonostante tanta parte della sua vita sia stata dedicata a progettare armi e fortezze. Al contrario, il Buonarroti opta, con una scelta che ha già praticato in passato, per l'imminenza della battaglia anzichè per l'azione nel suo pieno sviluppo. Nonostante queste diversità, nel cartone di Michelangelo troviamo quell'attenzione per il corpo nudo che rieccheggia gli studi anatomici praticati sul campo da Leonardo, dissezionando cadaveri concessigli da vari ospedali. E come Michelangelo trae da Leonardo non l'atteggiamento pratico-scientifico, ma la sensibilità per le espressioni dei volti e una maggior attenzione per il paesaggio nello sfondo, qualcosa di analogo si può dire per il terzo grande protagonista della scena fiorentina, il poco più che ventenne Raffaello Sanzio, proveniente dalla bottega marchigiana del Perugino.
 stracci d'arte autore #Elforneso
TELA SU TELA 30X60
ESPOSTO ALLA SRAND ART GALLERY DI LONDRA
E POI GALLERIA ACCORSI MILANO
IN OCCASIONE DELL' EXPO
Grazie all'impulso generato da questi tre colossi, Firenze viene considerata il bacino artistico prediletto dei pontefici, che vi attingono a piene mani per i loro fastosi progetti. E' per questo che, tra il 1505 e il 1508, Michelangelo e Raffaello abbandonano la città per Roma. Nel 1508 Leonardo torna invece a Milano, dietro richesta del governatore francese Charles II d'Amboise. In questo soggiorno che va fino al 1513 Leonardo dipinge una Madonna col Bambino per re Luigi XII, fa una seconda versione della Vergine delle rocce e un ammiccante San Giovanni ora conservato al Louvre. Tra il 1513 e il 1516 torna a Roma, chiamato da Giuliano de' Medici, ma di questo periodo ci restano solo i progetti per le Paludi Pontine e il porto di Civitavecchia, nonchè quelli per varie rocche laziali.
Alla morte del duca il sessantaquattrenne Leonardo si trasferisce in Francia, dove viene nominato "primo pittore, ingegnere, architetto del re": è ospitato nel castello di Amboise e gli viene assegnato un generoso appannaggio. Qui l'artista prosegue a ritoccare la Gioconda, la Sant'Anna, la Madonna e il Bambino e il San Giovanni, prosegue gli studi di idraulica e gli allestimenti per le celebrazioni di corte.
Il re è talmente consapevole del suo valore che si intrattiene spesso con il maestro, e una leggenda vuole che sia lui a chinarsi sul letto dee'artista morente per catturarne l'ultimo respiro. E' il 1519, e Leonardo ha sessantasette anni.

                                         L'AMBIENTE MILANESE
Pur non avendo una bottega vera e propria, la presenza a Milano di Leonardo da Vinci -negli anni 1482-1499 e poi nel periodo 1506-1513 - esercita un'influenza enorme sui pittori locali, che ne soorbono l'impatto innovativo in vari gradi, a seconda della loro apertura mentale o del carattere. Sottovalutati a lungo dalla critica nell'impari confronto con Leonardo, in realtà questi artisti sanno miscelare la lezione naturalistica lombarda con l'approccio scientifico del maestro. Ne risulta una pittura attenta agli aspetti più quotidiani dell'esistenza e insieme ricca di tratti leonardeschi, come l'espressione malinconica o enigmatica dei soggetti, la tecnica dello sfumato l'inserimento dei personaggi nel mondo naturale. Inoltre, il fermento culturale che contraddistingue il contesto milanese spinge i vari artisti che lo popolano a viaggiare per vedere le opere dei maestri più interessanti del periodo, con il risultato che l'impronta leonardesca viene personalizzata in vari modi che risentono di suggestioni diverse e lontane.
Andrea Solario, per esempio, attinge tanto alla lezione di Leonardo quanto al colorismo veneto, con cui entra in contatto a Venezia nell'ultimo decennio del Quattrocento, al segiuto del fratello maggiore Cristoforo, scultore e architetto di derivazione bramantesca. Questa mescolanza è evidente in un dipinto come la Madonna col Bambino tra i santi Giuseppe e gerolamo, dove il blu del manto della Vergine riprende il colore del cielo e quello più sfumato delle montagne lontane. Nella Madonna del cuscino verde la figura della Vergine si staglia su una massa arborea che ricorda gli sfondi vegetali leonardeschi, ma insieme ha il colore acceso dei veneziani (con il cuscino verde come lo sfondo, la veste rossa della Madonna e il bianco del velo che sfuma nel roseo degli incarnati) e insieme il gusto tipicamente lombardo per il particolare domestico riconoscibile nel gesto del Bambino che si tiene un piedino mentre beve. Leonardesco è anche il paesaggio che accoglie la Sacra Famiglia nel Riposo durante la fuga in Egitto, con i personaggi seduti sulle rocce e una veduta di alberi e colline sullo sfondo.
Nell'opera di Cesare da Sesto (nato, appunto, a Sesto Calende ne 1477) la formazione di stampo leonardesco subisce l'influsso della pittura di Raffaello. Se infatti un dipinto come la Madonna col Bambino e l'agnello è una copia palese di quella di Leonardo (manca però la figura di sant'Anna e c'è un nebbioso paesaggio cittadino al posto delle aspre conformazioni rocciose sullo sfondo), nella Madonna col Bambino della Pinacoteca di Brera si vedono tanto la precisione botanica e lo sfumato leonardeschi quanto la dolcezza e le tonalità di Raffaello.
Attinge a Leonardo, ma anche a Foppa e Bergognone, un artista molto richiesto dai committenti per la piacevolezza dei colori, la dolcezza delle pose e la soavità delle espressioni dei personaggi: Bernardino Luini, autore tanto di pale d'altare e affreschi sacri quanto di numerose decorazioni di ville e palazzi lombardi (per esempio nel Castello Sforzesco di Milano). Una delle sue opere più celebri è la Madonna del roseto conservata nella Pinacoteca di Brera, che riprende un tema molto diffuso di rappresentazione marina nel tardo Medioevo e nel Rinascimento: la Vergine siede davanti a una siepe o a un traliccio di rose, nel quale quelle bianche rappresentano la purezza di Maria e quelle rosa -oppure rosse- il sangue dei martiri cristiani, senza dimenticare che la rosa è per eccellenza il fiore della Madonna. In questo dipinto tutte queste allusioni sono stemperate in un'atmosfera di dolce intimità, con la Madre che abbassa umile gli occhi.
A contendere il successo a Bernardino Luini è il personaggio più interessante dell'ambito milanese, il Bramantino, vale a dire Bartolomeo Suardi, artista particolarissimo che dipinge con un occhio sempre rivolto all'architettura, nominato dal duca Francesco II Sforza pittore ufficiale di corte nel 1525. Della sua vita si sa poco, tranne che è padre di famiglia e si occupa personalmente e con acume dei suoi affari patrimoniali e commerciali. A tanta concretezza si contrappone invece un'arte quanto mai astratta, rarefatta, che fa del Bramantino una sorta di antileonardo. Lontano dalle morbidezze quotidiane lombarde e dall'introspezione psicologica di alcuni suoi contemporanei, alieno dallo studio della natura o delle fsionomie, con un uso dl colore terso e cristallino, il Bramantino crea personaggi che sembrano figure metafisiche di stupefacente modrnità, con i corpi torniti come fossero statue, di cui condividono anche l'immobilità e la geometrica solidità.
stracci d'arte autore #Elforneso
TELA SU TELA  30X60
ESPOSTO ALLA STRAN ART GALLERY DI LONDRA
E POI A MILANO GALLERIA ACCORSI
 IN OCCASINE DELL'EXPO
Nella sua arte si riconoscono tanto la collaborazione con il Bramante, per il senso architettonico dello spazio, quanto gli influssi che hanno avuto su di lui i viaggi nll'Italia centrale all'inizio del 1500 e a Roma nel 1508: caratteristica è quella ripresa classicista, tipicamente fiorentina, della simmetrie che ritroviamo in parecchie sue opere, com e il celebre Ciclo dei mesi (dodici arazzi tessuti su cartoni del Bramantino e conservati al Castello Sforzesco), che forse gli fruttò la chiamata in Vaticano per realizzare alcuni affreschi nell Stanze, poi concellati per far posto a quelli di Raffaello. All'influenza toscana si deve anche il suo interesse per la prospettiva, come dimostrano gli studi teorici e opere come la Madonna coi santi Michele e Ambrogio, famosa per le due figure del rospo (simbolo di Satana) e di Ario (l'iniziatore dell'arianesimo) messe scenograficamente in scorcio sotto il relativo santo, a significare la guerra vittoriosa contro le eresie, fomentate dal diavolo. In questo dipinto ci sono anche altri elementi ricorrenti dell'artista, per esempio le torri sullo sfondo, edifici dalla simbologia discussa, o l'assenza di fisiognomica in un periodo tanto votato al ritratto, unìassenza portata all'estremo nel viso della Madonna, inquietantemente androgino. In realtà, tutta l'arte del Bramantino contiene elementi che destabilizzano lo spettatore, rivelandosi talvolta impossibile da decifrare a intere generazioni di critici. Nell'Adorazione dei Magi, per esempio, due dei Magi sono riconoscibili attraberso i vasi che offrono, ma il significato di quelle specie di sarcofagi in primo piano rimane oscuro, così come la strana scritta orientaleggiante sopra l'oggetto cubico sotto il piede sinistro della Vergine. Torna qui l'architettura, ma la fuga di stanza sulla sinistra si perde nel nulla di un edificio diroccato, per quanto imponente.
Ancora più imponente e complessa è la Crocifissione di Brera, vera summa della poetica e della raffinatezza intellettualistica di questo autore.
  



giovedì 26 novembre 2015

SCOPRI IL FANTASTICO RINASCIMENTO ITALIANO#ELFORNESO


acrilico su tela 70x90 anno 2013
 autore#elforneso
titolo ipotesi d'arte


 IL 500 ITALIANO
Allo scoccare del Cinquecento, il Rinascimento ha imboccato una strada nuova, piu' difficile e insieme più fastosa del naturalismo quattrocentesco. Se infatti le scoperte scientifiche del secolo precedente - degli studi sulla prospettiva e quelli anatomici, botanici e geologici, per fare degli esperimenti - hanno gettato un nuovo sguardo sulla natura, con il nuovo secolo il naturalismo si afferma in tutta la sua potenza solo per estraneizzarsi. Dal pennello di questi artisti scaturisce un paesaggio che non è mai stato così realistico oppure tanto astratto, rarefatto. Ma i personaggi sono stati così vivi e credibili, come nella accuratezza fisionomica leonardesca, eppure mai sono stati meno umani, come nel "metafisico" bramantino. L'arte ha un grandissimo impulso, i suoi protagonisti studiano il passato e i contemporanei, si spostano e si influenzano senza fine in una rete di un'enorme fermento, dagli strabilianti risultati. Da Firenze partono l'architetto Bramante e Leonardo da Vinci, il genio rinascimentale per autonomasia, che danno la loro impronta alla fucina milanese, mentre a Roma approda il titanico Michelangelo e il serafico Raffaello. Intanto, a Venezia nasceva la pittura tonale di Giorgione e Tiziano, e tra l'Emilia e la Toscana sbocciava il raffinato magnerismo del Correggio, di Pontormo e del Rosso Fiorentino. Filosofia e mitologia, raffinatezze e cortigiane e nervosi personali, velleità imperialistiche papali e fermenti riformisti, la storia e le storie, tutto si mescola in un crogiolo di bollente in cui si recupera la classicità per superarla, si accoglie la lezione di maestri per spostarne sempre più in là i confini. 
Dal classicismo si prende il concetto basilare della bellezza come armonia, ma è una bellezza che in realtà rispecchia le tendenze conservatrici di una civiltà in cui la borghesia ha già avuto le sue affermazioni ed ora vuole consolidarle, di un papato che ha guadagnato una posizione di predominio politico e ora vuole autocelebrarsi o, come diremmo oggi, farsi pubblicità. Questo conservatorismo si riflette, in pittura e scultura, nell'equilibio compositivo del Classicismo, con le sue strutture a triangolo, le sue simmetrie, le gerarchie. Alla bellezza spirituale deve per forza corrispondere quella fisica, le figure diventano possenti, i volti nobili.
Al Classicismo si contrappone la "maniera moderna" che, derivata dai tre giganti del secolo - Leonardo, Raffaello e Michelangelo -, viene considerata superiore sia all'arte antica sia alla natura stessa. Considerato a lungo dalla critica sterile virtuosismo, ricerca della bizzarria fine a se stessa, il manierismo è stato ormai riabilitato grazie a risultati di indiscutibile valore, che hanno aperto la strada a tutta l'arte successiva, dal Barocco a quella contemporanea.
L'arte cinquecentesca non è più, infatti, contemplazione o restaurazione di un ordine impossibile, ma è ricerca, studio, sperimentazione, anticonformismo. Per Leonardo la natura è un mistero oscuro e sfaccettato; la sua arte, quindi, procede in parallelo con lo studio scientifico della natura stessa. Per Michelangelo è la tragica tensione dell'individuo solo di fronte a Dio; per molti manieristi, infine, è tormento esistenziale. E mentre in Europa si scatenano pestilenze devastanti, guerre senza frontiere e scismi religiosi, si creano nuovi equilibri, nuovi sistemi di pensiero, nuove sensibilità.
                                                              TRA BRAMANTE E LEONARDO
Donato di Pascuccio di Antonio -meglio noto come il Bramante - nasce in provincia di Pesaro nel 1444. Probabilmente si forma nella raffinatissima corte dei Montefeltro, a Urbino, dove frequenta la cerchia dei pittori prospettici di Piero della Francesca. Dopo un soggiorno a Mantova che gli permette di conoscere anche l'arte del Mantegna e l'illusionismo prospettico della Camera degli Sposi, nel 1477 lo troviamo a Bergamo, dove c'è la sua prima opera certa: le figure dei Filosofi sulla facciata del Palazzo del Podestà.
Forse sin dall'anno successivo approda a Milano, nella corte sforzesca di Ludovico il Moro e Beatrice d'Este, un ambiente meno sofisticato di Urbino ma più aperto alla sperimentazione. A Milano affresca gli Uomini d'arme per la Casa Panigarola, con i personaggi dipinti dentro nicchie che simulano uno spazio inesistente; poi passa dalla prospettiva dipinta a quella architettonica con il progetto della chiesa di Santa Maria presso San Satiro. A partire dal 1482 può quindi dedicarsi a quello che sarà il primo grande esempio di edificio in cui confluiscono la prospettiva architettonica e quella illusoria del dipinto. L'impresa successiva, dopo la parentesi del duomo di Pavia, è il coro di Santa Maria delle Grazie, luogo molto caro alla devozione popolare milanese. Ludovico il Moro vuole alimentare la sua fama di mecenate e decide di farlo ampliando e modernizzando il santuario. La soluzione bramantesca è quella di far espandere lo sguardo del fedele dalle navate in penombra all'ampio coro centrale, creando collegamenti tra i vari volumi architettonici messi in risalto dalle cornici e dagli spigoli più scuri, e realizzando decorazioni a ruote raggiate.
 Sono di questo periodo vari progetti per edifici a pianta circolare, ma il compimento di questo ideale architettonico sarà un edificio molto piccolo, il tempietto di San Pietro di Montori, che l'archtetto costruirà a Roma all'inizio del Cinquecento su commissione del re di Spagna in memoria del luogo dove la tradizione vuole sia stato martirizzato il santo.
L'appassionata ricerca del Bramante sugli edifici a pianta centrale si rispecchia nell'opera dell'altra figura di spicco alla corte sforzesca, Leonardo da Vinci, che studia quasi ossessivamente il problema della staticità di tali edifici, riempiendo fogli e fogli con gli schemi di queste costruzioni circolari, ideali e perfette.
Figlio naturale di un notaio, Leonardo è nato a Vinci, vicino a Firenze, nel 1452. Nel 1469 entra a bottega da Andrea del Verrocchio e presto collabora con lui in diverse opere, tra cui il Battesimo di Cristo. A questo primo periodo appartengono alcune opere interessanti, come la Madonna del garofano (1478-1480 ) dell'Alte Pinakoxhek di Monaco, l'Annunciazione e l'Adorazione dei Magi, entranbe conservate negli Uffizzi. La seconda viene lasciata incompiuta perchè il giovane artista si trasferisce a Milano. In questa città cruciale per gli eqiulibri politici del periodo, vicina com'è tanto alla Francia quanto alla Toscana e al Veneto, Leonardo arriva con una lettera di presentazione in cui si dice costruttore di ponti, di bombarde e carri armati, architetto, pittore e scultore. Inizia il primo periodo milanese (1482-1499), in cui il genio toscano può coltivare i suoi eclettici interessi. Per esempio, ripensa per Ludovico il Moro l'assetto urbanistco locale; non lo fa partendo dal concetto di "città ideale" (come la Sforzinda del Filarete), bensì studiando a fondo le caratteristiche concrete del territorio e le esigenze pratiche della sua popolazione. Progetta così un sistema viario fluviale quasi fantascientifico, con un reticolo di canali sotterranei che permettono il trasporto e il carico-scarico della merce, ma anche lo stoccaggio e la vendita dei prodotti; il livello superiore è riservato agli strati più alti della popolazione, con i palazzi aristocratici e i loro giardini pensili.
Gli interessi di questa personalità ingegnosa e creativa che è diventata un pò l'emblema del Rinascimento scientifico sono infatti i più vari: dalla circolazione del sangue al volo degli uccelli, dalle macchine da guerra alle borsette per signora, dagli apparati teatrali alla pittura di delicatissime Madonne. Se infatti il disegno è parte integrante dei suoi studi scientifici, tanto che ogni scoperta, ogni intuizione di una legge fisica è accompagnata dal suo schizzo esplicativo, è vero anche che gli studi scientifici si riflettono sulla sua pittura, rendendola unica nel panorma contemporaneo. E' lui stesso che ci spiega la sua ottica: -Necessità costringe la mente del pittore a trasmutarsi nella mente della natura e a farsi interprete intra la natura e l'arte-.
Nella Vergine delle rocce (1483), per esempio, naturale e sovrannaturale si fondono e si caricano a vicenda di significati, mentre un ambiente completamente architettonico è quello dell'Ultima cena, dipinto su una parete del refettorio di Santa Maria delle Grazie tra il 1495 e il 1498.
Una soluzione innovativa è poi quella che Leonardo adotta nella Sala delle Asse del Castello Sforzesco, con l'intreccio di rami che ricrea un esterno in interni, la natura attraverso l'artificio. Soluzioni audaci che l'artista toscano può proporre a Milano perchè qui è diventato una stella indiscussa: progetta complessi marchingegni meccanici e insieme intrattiene la corte con arguti giochi di società; organizza anche i festeggiamenti per i matrimoni illustri di questa élite, come quello di Bianca Maria Sforza con l'imperatore Massimiliano 1 d'Asburgo.  

tela su tela 30x60 anno2014 autore #elforneso
titolo stracci d'arte

mercoledì 25 novembre 2015

LA PUREZZA DEL COLORE L'ARTE DEL RINASCIMENTO #ELFORNESO

acrilico su tela 70x100 #elforneso anno 2015

L'arte del Quattrocento, coincide, in letteratura, con il periodo detto Umanesimo. Nell'architettura si ebbe una ricerca lineare semplice e spaziale (Brunelleschi fu il maggiore architetto); nella pittura, abbandonati gli schemi giotteschi, si tese alla ricerca teorica della prospettiva, si studiò l'anatomia del corpo, si composero scene di figure con ritmo di movimento, animate da un modellato plastico largo di fattura, legato da accordi tonali magistralmente dosati nei contrasti di colore.
Paolo Uccello, Piero della Francesca, Masaccio, Beato Angelico, Mantegna ecc. furono i maggiori esponenti della pittura; Donatello, Ghiberti e Verrocchio della scultura di questo periodo.
Nel Cinquecento, si ebbe un'architettura molto fastosa, basata sui canoni classici dell'architettura romana. In pittura si tese ad una maggiore esaltazione del colore e degli effetti chiaroscurali; con Michelangelo Buonarroti si raggiunse la massima potenza espressiva nella figura.
Molti furono i grandi artisti, ognuno dei quali si distinse per la sua spiccata personalità come: Leonardo, Raffaello, Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Paolo Veronese ecc. Tutti contribuirono a fare del periodo del Rinascimento uno dei più gloriosi nella storia dell'arte.
Il colore è dato dalla sensazione ottica determinata dalla riflessione dei raggi luminosi che colpiscono la superficie di un corpo; un corpo bianco non assorbe i raggi luminosi, ma li riflette, mentre un corpo nero li assorbe e non li riflette.
I colori fondamentali o generatori, sono: rosso, giallo, azzurro; i derivati o composti sono quelli risultanti dalla mescolanza di due colori fondamentali e assumono tonalità diverse, secondo la proporzione dei componenti. Vi sono pure i colori complementari: del verde (composto di giallo e azzurro) il colore complementare è il rosso, del viola (composto da blu e rosso) è il giallo, dell'arancio (composto di giallo e rosso) è l'azzurro. Si può fare diretta esperienza, guardando intensamente una immagine colorata in rosso o giallo o azzurro; se volgiamo poi l'occhio su una superficie bianca, vediamo la stessa immagine nel colore complementare.
Quando intendimo usare i colori, non limitiamoci a quelli fondamentali, ma aggiungiamone altri, oltre il bianco e nero.
I colori su fondo nero acquistano brillantezza maggiore che non su fondo bianco.

Nel colore dobbiamo distinguere il tono ed il suo valore, intendendo per tono il colore (rosso, verde ecc.) e per valore l'intensità della luminosità del tono (tono scuro, chiaro, luminoso, poco luminoso).
Graduare un tono significa modificare il suo valore in luminosità e intensità. In una composizione di pittura, possono esserci toni detti "caldi ", in quanto nell'impasto del colore predominano il giallo o il rosso o entrambi e quelli detti " freddi ", in quanto predominano l'azzurro ed il nero. Si può notare anche un tono dominante, quando, nell'opera, un colore prevale sugli altri.
                                          
                                              L'ARMONIA DEL COLORE NELLE VARIE TECNICHE
Il colore è luce, la luce è vita e nella vita dei popoli  il colore ha sempre avuto una grande attrattiva, come testimoniano le interessanti raffigurazioni tramandateci dai più lontani tempi.
Come da bambini percepiamo gli oggetti di colore prima degli altri, così da adulti ricerchiamo il colore nelle cose che ci circondano, ed istintivamente lo desideriamo nei nostri indumenti, nella nostra casa e ne godiamo, quando lo ammirimo nella natura. I fiori offrono una vasta gamma di colori intensi e delicati, dai rossi ai gialli, agli azzurri, ai viola; i prati offrono il piacere dell'estensione del colore come grandi macchie o campiture di varie tonalità di verdi e gialli; gli alberi, in autunno, si rivestono di colori gialli e rossastri; certi tramonti lasciano estatici per l'intensità dei colori e la delicatezza dei passaggi dall'uno all'altro tono. La natura ha i suoi colori ravvivati dalla luce e variati dalle stagioni ed è proprio la natura che dobbiamo osservare per conoscere i colori nei loro toni e gradazioni ed il loro armonico accostamento. I grandi pittori di tutti i tempi hanno ossevato le cose della natura e tratto la loro ispirazione per le raffigurazioni e il colore.

acrilico su tela 70x100 #elforneso anno 2015


sabato 21 novembre 2015

LA VITA PROPRIA DEL COLORE

Disegni e colori ebbero la stesssa data di origine, testimonianza le pitture rupestri e cavernicole, della Spagna, Francia meridionale ed addirittura in Siberia. Pitture supportate da grandi sassi o le pareti stesse delle caverne dove l'uomo ha lasciato un ricordo del suo mondo. Nel periodo delle civiltà mediterranee, sono apparse scene mitologiche e religiose, supportati su pareti ceremiche. Oggi per comunicare arte si utilizzano tele, stoffe, plastiche ed oggetti di uso quotidiano e il colore?
Furono gli impressionisti a valorizzare il colore e a dare adesso un'impronta pari al disegno prima di tutto, pur essondoci stati grandi artisti, il chiaro e lo scuro era predominante. Dopo l'impressionismo il colore entrò nella vita sociale dei paesi civili. Fabbriche, scuole, ospedali, locali pubblici, accolgono il colore non solo come abbellimento ma anche per il suo valore psicologico, come l'eccitante rosso o il rilassante azzurro. Ancora oggi si continua a pensare che il colore abbia un valore fine a se stesso, di pura poesia o di utilità pratica e sociale tecnica.
CHERUBINI MAURO # ELFORNESO





SOPRA DUE OPERE OLIO SU TELA 60X90
TITOLO VIAGGIO IN GARFAGNANA
CHERUBINI MAURO#ELFORNESO

martedì 17 novembre 2015

L'ARTE ED IL PENSIERO FILOSOFICO

 ACRILICO SU TELA 100X100
ANNO 2006
AUTORE MAURO CHERUBINI#ELFORNESO
 
 L'arte è magia libertà della menzogna di essere verità.
ADORNO, Minima moralità

Uno dei compiti principali dell'arte è sempre stato quello di creare esigenze che al momento non è in grado di sodisfare.
WALTER BENJAMIN, L'arte nella sua riproducibilità tecnica.

Alla domanda : - Che cosa è l'arte?- si potrebbe rispondere celiando (ma non sarebbe una celia sociale):che l'arte è ciò che tutti sanno che cosa sia.
CROCE, Breviario di estetica

Larte è un amante gelosa
RALPH W.EMERSON,The conduct of life

L'arte è un tiranno che si compiace a mettere in difficoltà i suoi soggetti, e non vuole che sembrino in difficoltà.
E.M. Forster, Two cheers for democracy.

L'arte non consiste nel rappresentare cose nuove, bensì nel rappresentarle con novità
FOSCOLO, Epistolario.

Non c'è via più sicura per evadere dal mondo , che l'arte; ma non c'è legamepiù sicuro con essa che l'arte.
GOETHE, Massime e riflessioni.

Nell'arte abbastanza buono è l'ottimo.
GOETHE, Viaggio in Italia.

L'arte, questo prolungamento della foresta delle vostre vena,che si efonde,fuori dal corpo,nell'infinito dello spazio e del tempo.
F.T. Marinetti,Manifesto tecnico della letteratura futurista.

L'arte non isegna niente, tranne il senso della vita
HENRY MILLER,The wisdom the of the heart.

Tutto l'interesse dell'arte è nel principio.Dopo il principio,è già la fine.
PICASSO, Conversazioni con E. Tèraide, in L'intrasigente, 15 giugno 1932

Le opere,come nei pozzi artesiani,salgono tanto più in alte quanto più a fondo la sofferenza ha scavato il cuore.
PROUST,Il tempo ritrovato


OPERA AD OLIO SU TELA 180X90 
ANNO 2012 
AUTORE MAURO CHERUBINI#ELFORNESO


ARTE E LETTERATURA LA MIA INFANZIA (SCRITTO NEL 1896 HESSE)



 In ogni periodo della mia vita mi si sono spesso ripresentati molteplici immagini della mia infanzia, avvincente, estranea ed irredenta come una pallida fiaba.
Questo ricordo mi perseguitava soprattutto nelle notti insonni, cominciando con un profumo di fiori o con un canto, finchè non si trasformava in tristezza, molesta amarezza mortale, oppure in una dolce nostalgia di mani carezzevoli o in una lieve propensione a piangere e pregare.Se ancora adesso la mia infanzia mi sfiora il cuore, lo fa con immagini profonde, incorniciate d'oro, in cui mi sono chiari soprattutto i castagni e gli ontani fronduti e un sole mattutino incredibilmente bello sullo sfondo di magnifiche montagne. Tutte le ore della mia vita in cui mi è stata concessa una breve sosta dimentica del mondo, tutti gli istanti in cui una piccola felicità inaspettata o un amore spassionato mi hanno distolto dall'ieri e dal domani, non sò come definirli più deliziosi se non paragonandoli come il verde quadro dei miei primissimi anni. Così è per tutto quello che invita mia ho amato come il massimo del riposo e del piacere: camminare per paesi sconosciuti, contare le stelle, star sdraiato nell'ombra verde, parlare con alberi, nuvole e bimbi. Il primo giorno della mia vita che riesco a ricordare con una certa chiarezza deve cadere all'incirca nell'ultima parte del mio terzo anno. I miei genitori mi avevano portato su una montagna che quotidianamente attraeva molti turisti con le sue ampie rovine di considerevole altezza. Un mio giovane zio mi sollevò sulla spalleta di un alto muro e mi fece guardare di sotto, nell'abisso. Fui colto dall'angoscia delle vertigini, ero agitatissimo e continuai a tremare come una foglia finchè non mi fui dinuovo a casa, nel mio letto. Da allora fui vittima di frequenti incubi: davanti alla mia anima c'era un'abisso così opprimente che gemeva nel sonno e mi svegliavo piangendo. Quanta vita ricca e misteriosa prima di quel giorno, di cui neppure un' ora è presente alla mia coscenza! Per quanto mi tormentassi, la mia memoria non riuscì mai a spingersi al di là di quel giorno. Ma se rifletto intensamente su quei primissimi anni e sulle loro sensazioni ho l'impressione, che, accanto alla sensibilità per la benevolenza, nessun altro sentimento fosse in me così forte e vigile come quello della vergogna. Riscontravo talvolta nei bambini di cinque e più anni manifestazioni di svergognatezza di cui sò che io, a tre o quattro anni, sarei stato capace. Per avere un ricordo più preciso di esperienze e circostanze durature non posso andare più indietro di quando avevo cinque anni. Qui trovo per la prima volta un'immagine del mio ambiente, dei miei genitori e di casa nostra, nonchè della città e del paesaggio in cui sono cresciuto. In questo periodo mi si è impressa in mente la strada ariosa e soleggiata in cui abitavamo, con un unica fila di case, e inoltre gli edifici più imponenti della città, il municipio, il Duomo e il ponte sul Reno e soprattutto l'ampio prato che cominciava dietro casa nostra e che, per i miei passi di bambino, era sconfinato. Tutte le profonde esperienza del mio animo, le persone, gli stessi ritratti dei miei genitori mi sembrano successivi a questo campo, con tutti i suoi particolari. Il suo ricordo mi pare anteriore a quello di ogni volto dell'uomo e delle mie stesse sofferenze. Alla mia vergogna, ben presto accompagnata dalla ripugnanza che provavo se ero sfiorato dalla mano estranea del medico o di un domestico, è forse legata la mia precoce voglia di star solo all'aria aperta. Le molte passeggiate di ore che facevo in quel periodo avevano sempre come meta la verde natura incontaminata di quel grande prato. Quei periodi di solitudine sull'erba sono anche quelli che nel ricordo, più intensamente mi inondano di quella dolente sensazione di felicità che per lo più accompagna il nostro vagare sui sentieri dell'infanzia. Ancora oggi mi sale alla testa, in nuvole sottili, il profumo dell'erba di quel pianoro, con la singolare convinzione che nessun altro tempo e nessun altro campo possa produrre un'erba tremolina altrettanto stupenda, piante acquatiche così sazie, denti di leone così d'oro e licini così deliziosamente variopinti, primule, campanule e scabiose. Mai più ho trovato una piantagione così magnificamente affusolata, un riso delle streghe d'un giallo così ardente, lucertole e farfalle così cangianti e seducenti, e il mio intelletto si arrende solo stancamente e suo malgrado all'idea che non sono fiori e lucertole ad essere imbruttiti, dall'alloro, ma il mio animo e il mio occhio. 


SOPRA OPERA
40X50 OLIO SUTAVOLA
ANNO 2007 AUTORE 
MAURO CHERUBINI#ELFORNESO