martedì 17 novembre 2015

ARTE E LETTERATURA LA MIA INFANZIA (SCRITTO NEL 1896 HESSE)



 In ogni periodo della mia vita mi si sono spesso ripresentati molteplici immagini della mia infanzia, avvincente, estranea ed irredenta come una pallida fiaba.
Questo ricordo mi perseguitava soprattutto nelle notti insonni, cominciando con un profumo di fiori o con un canto, finchè non si trasformava in tristezza, molesta amarezza mortale, oppure in una dolce nostalgia di mani carezzevoli o in una lieve propensione a piangere e pregare.Se ancora adesso la mia infanzia mi sfiora il cuore, lo fa con immagini profonde, incorniciate d'oro, in cui mi sono chiari soprattutto i castagni e gli ontani fronduti e un sole mattutino incredibilmente bello sullo sfondo di magnifiche montagne. Tutte le ore della mia vita in cui mi è stata concessa una breve sosta dimentica del mondo, tutti gli istanti in cui una piccola felicità inaspettata o un amore spassionato mi hanno distolto dall'ieri e dal domani, non sò come definirli più deliziosi se non paragonandoli come il verde quadro dei miei primissimi anni. Così è per tutto quello che invita mia ho amato come il massimo del riposo e del piacere: camminare per paesi sconosciuti, contare le stelle, star sdraiato nell'ombra verde, parlare con alberi, nuvole e bimbi. Il primo giorno della mia vita che riesco a ricordare con una certa chiarezza deve cadere all'incirca nell'ultima parte del mio terzo anno. I miei genitori mi avevano portato su una montagna che quotidianamente attraeva molti turisti con le sue ampie rovine di considerevole altezza. Un mio giovane zio mi sollevò sulla spalleta di un alto muro e mi fece guardare di sotto, nell'abisso. Fui colto dall'angoscia delle vertigini, ero agitatissimo e continuai a tremare come una foglia finchè non mi fui dinuovo a casa, nel mio letto. Da allora fui vittima di frequenti incubi: davanti alla mia anima c'era un'abisso così opprimente che gemeva nel sonno e mi svegliavo piangendo. Quanta vita ricca e misteriosa prima di quel giorno, di cui neppure un' ora è presente alla mia coscenza! Per quanto mi tormentassi, la mia memoria non riuscì mai a spingersi al di là di quel giorno. Ma se rifletto intensamente su quei primissimi anni e sulle loro sensazioni ho l'impressione, che, accanto alla sensibilità per la benevolenza, nessun altro sentimento fosse in me così forte e vigile come quello della vergogna. Riscontravo talvolta nei bambini di cinque e più anni manifestazioni di svergognatezza di cui sò che io, a tre o quattro anni, sarei stato capace. Per avere un ricordo più preciso di esperienze e circostanze durature non posso andare più indietro di quando avevo cinque anni. Qui trovo per la prima volta un'immagine del mio ambiente, dei miei genitori e di casa nostra, nonchè della città e del paesaggio in cui sono cresciuto. In questo periodo mi si è impressa in mente la strada ariosa e soleggiata in cui abitavamo, con un unica fila di case, e inoltre gli edifici più imponenti della città, il municipio, il Duomo e il ponte sul Reno e soprattutto l'ampio prato che cominciava dietro casa nostra e che, per i miei passi di bambino, era sconfinato. Tutte le profonde esperienza del mio animo, le persone, gli stessi ritratti dei miei genitori mi sembrano successivi a questo campo, con tutti i suoi particolari. Il suo ricordo mi pare anteriore a quello di ogni volto dell'uomo e delle mie stesse sofferenze. Alla mia vergogna, ben presto accompagnata dalla ripugnanza che provavo se ero sfiorato dalla mano estranea del medico o di un domestico, è forse legata la mia precoce voglia di star solo all'aria aperta. Le molte passeggiate di ore che facevo in quel periodo avevano sempre come meta la verde natura incontaminata di quel grande prato. Quei periodi di solitudine sull'erba sono anche quelli che nel ricordo, più intensamente mi inondano di quella dolente sensazione di felicità che per lo più accompagna il nostro vagare sui sentieri dell'infanzia. Ancora oggi mi sale alla testa, in nuvole sottili, il profumo dell'erba di quel pianoro, con la singolare convinzione che nessun altro tempo e nessun altro campo possa produrre un'erba tremolina altrettanto stupenda, piante acquatiche così sazie, denti di leone così d'oro e licini così deliziosamente variopinti, primule, campanule e scabiose. Mai più ho trovato una piantagione così magnificamente affusolata, un riso delle streghe d'un giallo così ardente, lucertole e farfalle così cangianti e seducenti, e il mio intelletto si arrende solo stancamente e suo malgrado all'idea che non sono fiori e lucertole ad essere imbruttiti, dall'alloro, ma il mio animo e il mio occhio. 


SOPRA OPERA
40X50 OLIO SUTAVOLA
ANNO 2007 AUTORE 
MAURO CHERUBINI#ELFORNESO



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