martedì 19 gennaio 2016

ISABELLA E BEATRICE D'ESTE CREAVANO MODA NEL RINASCIMENTO

Palazzo Ducale di Mantova, sala degli specchi
 Seconda parte
Beatrice ed Isabella d'Este
Grandi casati Italiani del 1499


BEATRICE ED ISABELLA D'ESTE VAI ALLA PRIMA PARTE


La signora di Mantova non bada a spese. Per i suoi mantelli (sbernie o albernie) foderati di seta d'estate, e di pelle d'inverno, ordina un panno nero " che non ci sia l'uguale al mondo " perchè, se non è senza paragone, meglio è non comprarlo. Per foderarne uno, si fa mandare da Venezia ottanta zibellini, ma li vuole perfetti, dovesse l'incaricato girare tutta Venezia, e uno dev'essere più bello degli altri " da portare in mano con l'osso della testa ", costasse pure dieci ducati. Un'altra sbernia vuole foderata di gatti di Spagna, " i più belli e grandi che si trovano a Milano". E guai se non la contentano subito!
Palazzo Ducale di Mantova
A un tal Alberto da Bologna, a cui aveva commissionato una camòra di raso beretino e ritardava a mandargliela, scrisse infuriata che, non solo deve aver perduto la memoria-per una caduta fatta quando era a Mantova,- ma financo al cervello e gli occhi, chè non ha potuto leggere le sue ordinazioni. Elegantissima anche negli abiti luttuosi, quando le muore la madre nel 1493, si fà mandare da Beatrice veli di bombace da portare in capo e, da un informatore segreto, si fà descrivere il vestito della sorella, poi scrisse al cognato Gonzaga Montpensier, in Francia, dove i panni neri  sono più fini, e chiede che glieli mandi. Quando assiste alle corse dei cavalli, di cui è appassionata, i palii che, secondo l'uso, ella dona ai vincitori, sono stoffe bellissime da lei scelte con cura. La sua biancheria personale supera in finezza e in qualità le duecento meravigliose camicie di Lucrezia Borgia. Per le camicie del marito ordina un pezzo di tela reims "più bella e sottile dell'accluso campione". E il principe a lei si affida per avere un cappello di lusso "ricamato di gioielli e pelle" all'orchè, nel 1506, deve entrare trionfalmente in Bologna con le truppe pontificie. Non vanitosa egoista, ma raffinata amante del bello, essa vuol dare un'impronta di grazia a tutto ciò che l'attornia: dal motto impresso in una medaglia che sono la suprema eleganza dei berretti maschili, alla forma della scuffie galanti - specialità mantovana- ch'ella si compiace di offrire alle amiche lontane. E la fama del suo buongusto corre la penisola, e il mondo. La marchesa di Cotrone le chiede in prestito una veste da copiare: Susanna Gonzaga le domanda il permesso di farsi una maya pelosa con quei cannoncini d'oro che porta Isabella, perchè non sà se essendo sua inventione è contenta che altri ne porti; Francesco I, da Milano conquistata agli Sforza, le chiede una pupattola vestita come lei, abiti e biancheria e come lei pettinata; e Lucrezia Borgia, dopo aver tentato di imitare l'acconciatura a turbante che Isabella porta nel ritratto del Tiziano, a lei si rivolge per avere un ventaglio di piume di struzzo nero a bacchette d'oro. Lucrezia, che viene da Roma, suscita le più invidiose gare tra le dame della corte mantovana. Ma Isabella non ha nulla da temere. Benché non più giovane, a Parigi - dove si recata proprio allora e di dove le donne dei Gonzaga le scrivono descrivendole tutta la magnificenza della cognata, - quando passa per le vie, tutti si voltano a guardarla, e chi l'accompagna assicura che non la credono madre, ma sorella del suo figlio Federico. Già prossima alla sessantina, Isabella ancora dà consigli in fatto di moda e sotto la sua direzione Caterina Cybo e la duchessa di Camerini si fanno fare i loro abiti. Ma, come non vi è magnificenza di vestire senza gioielli, è incredibile la quantità di gioie che facevano parte dei corredi principeschi nel Rinascimento. Basti pensare che, sopra una veste di  Ippolita Sforza
Francesco Lurano, presuto ritratto di Ippolita Maria Sforza
, v'erano tanto oro per il valore di 5000 ducati ( da trecento a quattrocento mila euro ) e Isabella faceva attaccare a un abito 500 bottoni d'oro! Ma la Marchesa di Mantova, però, non si accontentava di gemme ricche per se, essa le voleva con teste in opere d'arte e, ai suoi orafi maestri di cesello, suggerisce il modo di legare e financo i disegni delle incisioni. Predilige gli smeraldi e possiede il più bello dell'epoca, ma il poeta Trissino la descrive in vesti di velluto nero carico di mirabili fibbie d'oro con, al sommo della fronte, un fiammeggiante rubino, perle e rubini l'adornano nel ritratto del Tiziano.
Ma , più preziosa di ogni gioiello e a lei più cara, è la mirabile medaglia con l'effige sua giovanile, contornata dal nome Isabella in lettere di diamanti  eseguito da Gian Cristoforo Lombardi. Tanto bisogno di lusso e sete di bellezza dovevano purtroppo mettere nell'occasione di far debiti, perchè tutti, antiquari orefici, mediatori, le offrivano cose belle, di reputati artisti e lei non resisteva mai alla tentazione di acquistarle.
PROSSIMO AGGIORNAMENTO




Gian Giorgi Trissino, 1478-1550 (ritratto di Vincenzo Catena 1510)






  










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Mantova palazzo Ducale

continua... 

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