lunedì 25 gennaio 2016

COSIMO IL VECCHIO " I MEDICI FIRENZE "



 SECONDA PARTE 










QUEL PICCOLO BORGHESE  " COSIMO de MEDICI "




Cosimo nel celebre ritratto del Pontormo
 Con i suoi giuochi di banca, Cosimo ammasserà una considerevole fortun che servirà alla sua ambizione. 
Suo padre, capo della fazione popolare dei Guelfi Bianchi, aveva aspramente lottato contro il patriziato fiorentino. Cosimo stesso era stato arrestato poi rimesso in libertà per intervento dei veneziani, ma con ordine di esilio, e richiamato in seguito, nel 1434, grazie ad un mutamento completo nelle elezioni. Quando il primo gennaio del 1435,  fu messo a capo dello Stato aveva quarantasei anni.
Padrone del potere, non se lo lascerà più scappare.  Quarantasei anni: più ingenio che scrupoli; molto buon senso, molto pratico negli affari. Sostenuto dell'eccellente amministrazione della sua considerevole fortuna, Cosimo porterà ai sette cieli la prosperità della famiglia, ma per le vie pratiche. Diceva all'altro grande mercante Luca Pitti, che vedeva in preda ad ambizioni avventurose: " Voi correte dietro all'infinito, io vado verso finito; voi cercate di appoggiare le vostre scale alla volta celeste, io le appoggio al suolo, per non rischiare di cadere a terra". 
Cosimo estese le sue relazioni commerciali fino in  Estremo Oriente. 
Cosimo il Vecchio sulla mula bruna, dettaglio degli affreschi di Benozzo Gozzolini nella Cappella dei Magi, Palazzo Medici Riccardi, Firenze ( al suo fianco il figlio Piero il Gottoso, padre di Lorenzo il Magnifico )  

Le succursali della sua banca si moltiplicarono da Bruges al Cairo; aprì crediti a principi ed a re. Il papa come pegno delle somme che il Fiorentino gli ha prestato, deve mettere nelle mani del suo creditore la città di Assisi, una delle più potenti piazzeforti.
La statua di Cosimo de Medici nel cortile degli Ufizi a Firenze
Il banchiere arricchito governa Firenze per mezzo dell'opinione pubblica. Al potere, rappresenta la reazione popolare contro il patriziato. Il suo trionfo è, per i suoi partigiani, una vendetta lungamente attesa. La benevolenza che egli dimostra diventa per lui un costante sostegno, che egli conferma rendendo alla patria un preziosissimo servizio: la stabilità del governo e della politica, dopo tanti disordini, incoerenze, agitazioni sterili che eran state per Firenze un vero flagello. Ma al governo, Cosimo non ammette la minima opposizione. Una dozzina delle principali famiglie fiorentine, viene esiliata; tutte le cariche pubbliche sono affidate ad amici o clienti. Per il resto, Cosimo sà tenere a bada i Ghibellini, facendo funzionare a suo modo i tribunali che sono ai suoi ordini. Per giunta, Cosimo ha l'abitudine di vincolare, per mezzo di molteplici ramificazioni, i propri interessi ai quali dei suoi concittadini, di modo che il commercio fiorentino non vede che per gli occhi dei Medici, a tutto il suo giovamento. Nonostante l'enorme ricchezza personale, nel pieno esercizio della sua potenza, Cosimo segue una sua teoria di vita semplicissima. Quel piccolo borghese che trotterella per le strade di Firenze, vestito come un contadino, è potentissimo Cosimo dei Medici. Dunque è in tutto, nella politica generale e nei minuti fatti dei giorni, la sua volontà è sempre presente; ma non si mostra mai di  persona. Tiranno onnipossente, senza mandato; liberale senza generosità, usa forme concilianti senza mai credere in ciò che vuole; magnifico con gli amici, spietato con gli avversari, davanti ai quali il suo odio non si placa mai, anche se vinti. Li fa esiliare e quando stà per giungere il termine della loro pena, la fà posdatare. E se gli esiliati hanno ottenuto l'appoggio di postenze straniere, con la promessa di far aprire davanti a loro le porte della patria, Cosimo li dichiara deceduti da ogni diritto di cittadinanza e ordina la confisca dei loro beni. Per giustificare la sua condotta, a coloro  che gli parlano di tolleranza e di libertà risponde: "si, si, ciò che dite è bellissimo: ottimi principi! Ma non si guida un popolo a furia di pater noster". 


.....continua....

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