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MICHELANGELO |
Nel 1534, arrivando in Roma, Leonardo ha l'anima gravata di tutti insieme questi dolori e queste tragedie, e a Roma gliene moltiplica ad un tratto il peso con lo spettacolo della sua desolazione. La città in cui egli ha vissuto e ha creato prima negli anni della giovinezza e poi in quelli della verilità più raggiante, la città che allora vibrava di gioie, di amore della bellezza e d'orgoglio nel fasto della corte pontificia e nell'ebraicità della grandezza pagana che risorgeva. La metropoli che, quando si scopriva una scultura antica (il Torso del Belvedere, e il Laocoonte) s'imbandierava tutta e squillava a gloria da tutte le campane, portando le statue in processione tra il delirio del popolo, - adesso percossa, franta, macchiata e sconvolta dal saccheggio del '27, ancora tutta gocciante di sangue, tremante di sacrilegio, avvilita di pentimento e di vergogna, si raumiliava cupa e mutilata in un' atmosfera di rigorismo dogmatico, di gelido sospetto religioso, di misticismo apocalittico. Nell'anima di Michelangelo, tra i riflessi di quella disperazione, lampeggiavano le visioni del Savonarola e di Dante, che echeggiavano le loro inventive minaccianti, alle folle impazienti nell'eresia e nel peccato, l'incendio, lo sterminio e l'ignominia, che gli pareva daver davanti già attuati. S'aggiungeva a questa angoscia la maliconia di tutte le morti che avevano disboscato la mirabile selva dei geni, di principi, di prelati che era la Roma di quei tempi ormai mitici: morto Giulio II, morto Leone X, morto Bramante, morto Leonardo, morto Raffaello...
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A L'ULTIMA CENA 1495-1498 SANTA
MARIA delle GRAZIE, MILANO, ITALIA |
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BATTAGLIA di ANGHIARI GALLERIA DEGLI UFFIZI, FIRENZE, ITALIA |
In questo stato d'animo Michelangelo ha concepito e s'è messo a dipingere il Giudizio. Anche allora, come per la Volta, s'è chiuso nella più fiera e orgogliosa solitudine; non ha voluto nè consigli, nè suggerimenti, nè aiuti, nè osservazioni: ha cavato tutto dalle sue mani, dal suo cervello, dal suo cuore, dalle potenze istintive e dalla dura disciplina della sua vita, dalle sue forze fisiche e dall'intuizione del suo genio. E la malvagità dei mediocri se nè allora vendicata accanendosi intorno a lui in un vero furore. Gli eredi Della Rovere, irritati che non avesse finito la tomba del loro grande Pontefice, lo straziavano delle più perfide accuse; i colleghi e i libellisti ripudiati e cacciati dal tempio della sua vocazione, schiumavano alle porte di umiliazione e d'ira. Egli si serra anche più in sè; lavora notte e giorno fino a disfarsi; s'arrampica sù e giù e salta da destra a sinistra (ed è tra i sessanta e i settant'anni) per l'impalcatura verticale che affronta in duecento metri quadrati della parete; e intanto si difende come può dai nemici, in un vero e proprio corpo a corpo (" non restava giornalmente di essere alle mani " con i suoi torturatori, - ci narra il Vasari -): pare uno di quei muratori delle cattedrali duecentesche, che lavorano, in mano la cazzuola e la spada al fianco, mentre la guerra tempestava alle mura della città. E nelle poche lettere di questo periodo di carcere volontario e di febbre creativa; di tanto in tanto gli scoppia dal cuore un grido che pare uno sbocco di sangue: "...sono oggi dì lapidato come se avessi crocifixso Cristo"; "...è pare ch'è mi abbi arricchitto et ch'io abbi rubato l'altare, e fanno un gran romore"; "...son pagato col dirmi ch'i'sia ladro e usuraio, da ignoranti che non erano al mondo"; "...a difendermi da tristi, bisogna qualche volta diventar pazzo come vedete"; "...e chi mi ha tolto tutta la mia giovinezza et l'onore et la roba mi chiama ladro". Il suo dolore arriva a tal punto ch'egli scaglierebbe in un fosso come uno straccio lurido la sua stessa arte, che pure la sola ragione della sua vita: "meglio m'era ne' primi anni che io mi fussi messo a fare zolfanelli, ch'io non sarei in tanta passione". E, a un certo punto, persino idee omicide balenavano nella sua voce incupita dallo strazio: "et io saprei la via da fargli star cheti, ma non ci sono buono". Le sue mani sono nate per creare e non per uccidere.
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