domenica 7 febbraio 2016

LA GIUSTIZIA DEI NOSTRI ANTENATI aggiornato

PARLEREMO  DI TORTURE
Torture un uomo è un agire da barbari ed i sicari di Hitler che sottoponevano gli arrestati ad atroci supplizi sono stati affidati all'esecuzione della storia. Ma qualche secolo fa la tortura era parte integrale della procedura  pena in uso nei vari paesi.


Quando un individuo è accusato d'un reato, per quanto gravi siano i sospetti che lo colpiscono, e per quanto evidenti siano le prove, in mancanza di quella decisiva, si esita sempre sul dilemma: condannare un innocente o lasciare libero un criminale?
Frontespizio del Codè Pènal promulgato il 6 ottobre 1791
Si capisce come in ogni epoca gli uomini, sul punto di pronunciare una sentenza  si siano sforzati di provare, in modo assoluto ed inequivocabile, la colpevolezza di un imputato. 

I mezzi usati per ottenere e raggiungere le prove nel giudizio, a seconda delle diverse epoche, sono sempre stati legati alle credenze, alle abitudini ed ai costumi del tempo in cui i fatti si svolsero. Visti oggi a distanza, molti di questi mezzi  di prova ci sembrano strani e bizzarri, o ancora peggio crudeli e barbari; non bisogna però misurare  i  fatti dei tempi passati con un odierno metro. Da ogni epoca le sue usanze. All'inizio della storia del nostro mondo occidentale, i popoli si svegliano da un incubo terribile. Le invavioni barbariche hanno distrutto o quasi tutta la civiltà antica. L'atmosfera di questa epoca e pervasa  da ardore  e fede mistica: da Dio si attende ogni cosa.   Tocca a Dio  richiamare un giudice nel caso in cui un imputato non risulti chiaramente colpevole. Da qui prende origine il duplice carattere di quelle prove usate davanti ai Tribunali di questi rudi secoli. Prove di una barbaria atroce. In quest'epoca la storia trabocca di assassini;  il vincitore sul campo di battaglia divora il cuore del suo nemico dopo aver estratto le viscere dal suo corpo; la pace è insanguinata da crudeli piaceri, le feste e i bagordi terminano in un generale sterminio: è logico che non si tenga gran conto delle  sofferenze   fisiche e non si esita a torturare un corpo umano.
L'esecuzione di Carlotta Corday di James Gillray
Inoltre, queste prove si basano sulla credenza di un intervento soprannaturale: non si dubita minimamente che Dio possa non venire in aiuto ai suoi fedeli, risparmiando loro la crudele sofferenza delle prove.

RIEVOCHIAMO UNA DELLE PIU' TERRIBILI

Sulla piazza pubblica, mentre il popolo preme intorno ad un enorme braciere rosseggiante, l'imputato, digiuno da tre giorni, viene fatto avanzare: egli deve prendere con una mano una sbarra di ferro che si stà arroventando tra i carboni ardenti e sostenere il ferro durante un percorso di circa nove piedi. Un'eternità per colui che sente l'aspro morso del ferro arroventato. Soltanto allora può lascire cadere l'oggetto del suo supplizio. Subito la mano viene coperta da un telo su cui  è impresso un marchio. Dopo tre giorni questo panno viene tolto; se le piaghe dell'imputato sono infette, l'uomo è colpevole, se in via di guarigione, Dio ne ha proclamato l'innocenza.

Gregorio di Tours cita il caso di un uomo accusato ingiustamente: sottoposto alla prova della sbarra  incandescente, la portò senza soffrire  e  senza portare la  più lieve scottatura. Nel 1063 in Italia, i religiosi di Vallombrosa avevano accusato di simonia e di eresia Pietro di Pavia vescovo di Firenze. 
La giustizia ecclesiastica li costrinse a provare la loro accusa. Uno di essi, appartenente alla famiglia degli Aldobaldini si offrì per sostenere la prova del rogo: se fosse riuscito ad attraversarlo incolume, Pietro di Pavia sarebbe stato riconosciuto colpevole. Con i suoi paramenti sacri, il religioso salì al rogo, ne attraversò le fiamme furibonde e discese sano e salvo. Accortosi di aver lasciato cadere il suo manipolo sulla pira, ritornò a ricercarlo e ridiscesce dicendo di aver avuto la sensazione di una frescura deliziosa proprio al centro del braciere. Condannate dalla chiesa, le mostruosità di queste procedure furono sostituite dal duello in giudizio. L'imputato doveva misurarsi in "singolar tenzone" col suo accusatore: se la sua coscienza è retta, Dio gli offrirà la vittoria: questa forma di reder giustizia è consona ad un'età gueresca dominata dall'ideale della cavalleria. Non possiamo ricostruire con precisione esatta lo spettacolo di simili combattimenti.

Una folla di spettatori si pigia intorno ad un recinto circolare chiuso, di diametro 125 passi, con una sola entrata: un araldo armato rappresenta la forza pubblica; coloro che assistono tentano di aggrapparsi alla stecconata, ma sono respinti a colpi di bastone. Improvvisamente la tromba  suona; il giudice e i due avversari, l'mputato e l'accusatore, entrano nello steccato. I combattenti si siedono su due sedie coperte di stoffa nera  e il giudice, dopo essersi seduto su di uno scaranno più alto, ricorda loro i motivi per il quale si trovano nel recinto. Poi i partecipanti alla sfida si inginocchiano e , incrociando le dita, palma contro palma, giurano di comportarsi da combattenti onesti. Si alzano, prendono la larga spada che viene loro data, e l'araldo pronucia la frase '' lasciate andare i buoni combattenti! '' I duellanti si scagliano l'una contro l'altra, e si scambiano vicendevolmente colpi furiosi: lotta accanita senza pietà perchè il vinto sarà impiccato  dopo il taglio della mano. Così vuole la giustizia del tempo.
CAMERA DA TORTURA DEL CASTELLO DI PRAGA

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