martedì 29 dicembre 2015

(PRIMA PARTE) IL GIUDIZIO UNIVERSALE DI MICHELANGELO DI ETTORE COZZANO ( L'EROICA )





IL GIUDIZIO UNIVERSALE DI MICHELANGELO 
 (DI ETTORE COZZANO 1941 L'EROICA)


 IL DRAMMA DI MICHELANGELO



PAPA CLEMENTE VII, NASCE A GIULIO ZANOBI
DI GIULIANO DE' MEDICI (FIRENZE, 26MAGGIO 1478
- ROMA, 25 SETTEMBRE 1534).
 ESPONENTE DI PUNTA DELLA FAMIGLIA DEI MEDICI, 
FU IL 219° PAPA DELLA CHIESA CATTOLICA DAL 1523, 
FINO ALLA SUA MORTE.
FIGLIO NATURALE, POI LEGITTIMATO DI GIULIO DE' MEDICI,
UCCISO NELLA CONGIURA DEI PALAZZI UN MESE PRIMA DELLA SUA NASCITA, LA MADRE SI CHIAMAVA FIORETTA, FORSE FIGLIA DI ANTONIO GORINI.
DA GIOVANE FU AFFIDATO DALLO ZIO LORENZO IL MAGNIFICO,
ALLE CURE DI ANTONIO DA SANGALLO.
DOPO POCO LO ZIO, LORENZO IL MAGNIFICO, LO PRESE DIRETTAMENTE SOTTO 
LA SUA PROTEZIONE.



Quando Michelangelo rientra in Roma, per invito di
MICHELANGELO NASCE A CAPRESE IN PROVINCIA DI AREZZO, IL 6 MARZO DEL 1475- MUORE IL 18 FEBBRAIO DEL 1564 A ROMA. SCULTORE, PITTORE, ARCHITETTO E POETA, PROTAGONISTA DEL RINASCIMENTO ITALIANO. LE OPERE PIÙ FAMOSE, LA PIETÀ, IL DAVID, MOSÈ, IL GIUDIZIO UNIVERSALE  E MOLTE ALTRE
LE OPERE QUI SOPRA RIPRODOTTE, SONO OPERE AD OLIO SU TAVOLA AUTORE # ELFORNESO PRATICAMENTE CHI SCRIVE. VOLEVO SOLO SOTTOLINEARE UNA COSA, IL TESTO CHE LEGGERETE, PUBBLICATO NEL 1941  DALL'EROICA , IN 200 TIRATURE QUASI TUTTE DISTRUTTE, DA' UN'INTERPRETAZIONE NUOVA  AL GIUDIZIO UNIVERSALE (ETTORE COZZANO NASCE A LA SPEZIA IL 3 GENNAIO 1884-MILANO 22 GIUGNO 1971, EDITORE, SCRITTOREE SAGGISTA, NEL 1911 FONDA E DIRIGE L'EROICA, INNOVATIVA RIVISTA ARTISTICA E DI TECNICA, CON IL PROPOSITO DI VALORIZZARE LE FORZE CREATIVE NAZIONALI, OCCUPANDOSI DI OGNI ASPETTO DELL'ARTE). BUONA LETTURA.
 Clemente VII dei Medici, e già con l'idea, suggeritagli da questo Papa, di compiere la decorazione della Cappella Sistina con un giudizio Universale, nella parete di fondo, e con una Caduta di Luciferi nella parete d'ingresso, egli sta per toccare i sessant'anni, ed è come una quercia dura e contorta, screpolata dalla violenza del suo crescere, mutilata e crepacciante di fulmini. La sua vita che, a guardarla a distanza e nell'insieme e a commisurarla con le grandi opere, sembra tutta un trionfo,- non è, ad analizzarla, che un seguito di naufragi e un fiume di miserie e di dolori. L'uomo che ha osato tenere alta la fronte davanti a pontefici più potenti di imperatori romani (perché sovrani su tutta la terra , e armati anche d'uno scettro spirituale la cui potenza non ebbe nulla di simile nell'antichità ) è il più incatenato e il più tortuoso degli artisti che si conoscono. Tutti l'hanno fatto soffrire, coloro che gli volevano bene coloro che gli volevano male, che hanno oppresso e quelli che hanno fatto esplodere il suo genio: il padre, i fratelli, compagni d'arte, i discepoli, i committenti e i mecenati, i critici e gli ammiratori: e su tutti egli si è torturato da se stesso per la sua implacabile coscienza d'uomo e per lo smisurato ideale ch'egli ebbe per l'arte, e a cui certo nessuna delle sue creazioni gli parve vicina, sebbene avesse la consapevolezza intera della sovranità di ciascuna, sulle opere dei suoi contemporanei e non di questi soli. L'invidia, la gelosia, il rancore l'ambizione e l'orgoglio ferito, l'odio politico, interesse materiale, l'anno assediato per tutta la vita come una muta di cagne, dilaniandolo. Adolescente, quando si provava alla scultura nell'orto dei Medici in Firenze, ha preso da quel suo compagno di studi inetto e vanaglorioso, Torrigiani, un tal pugno in faccia, che gli ha spezzato la radice del naso, e l'ha sconciato per tutta la vita. Fatto uomo, quan d'ebbe compiuto il David, e trasportavano il marmo enorme e pesante con macchine e fatiche al suo piedistallo del Palazzo della Signoria, una ciurma di Fiorentini dovette essere cacciata in prigione, perché aveva tentato di spezzare la statua a legnate. Quando, nel pieno della maturità, lavorava a Roma alla tomba di Giulio II, e fuggì, in un soprassalto di collera giusta, perché il Papa d'improvviso aveva rifiutato di riceverlo, la villania che l'aveva sospinto alla fuga non era che l'ultima goccia; ma il calice traboccava già d'amarezza e di spavento; ed egli stesso confessa che, se non fosse scappato, sarebbe stata pronta al più presto la sua tomba che quella di Giulio II. Quando tornato penitente ai piedi del Papa che trionfava dei  Bentivoglio, a Bologna.  


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