IL GIUDIZIO UNIVERSALE DI MICHELANGELO
(DI ETTORE COZZANO 1941 L'EROICA)
IL DRAMMA DI MICHELANGELO
Quando Michelangelo rientra in Roma, per invito di
Clemente VII dei Medici, e già con l'idea, suggeritagli da questo Papa, di compiere la decorazione della Cappella Sistina con un giudizio Universale, nella parete di fondo, e con una Caduta di Luciferi nella parete d'ingresso, egli sta per toccare i sessant'anni, ed è come una quercia dura e contorta, screpolata dalla violenza del suo crescere, mutilata e crepacciante di fulmini. La sua vita che, a guardarla a distanza e nell'insieme e a commisurarla con le grandi opere, sembra tutta un trionfo,- non è, ad analizzarla, che un seguito di naufragi e un fiume di miserie e di dolori. L'uomo che ha osato tenere alta la fronte davanti a pontefici più potenti di imperatori romani (perché sovrani su tutta la terra , e armati anche d'uno scettro spirituale la cui potenza non ebbe nulla di simile nell'antichità ) è il più incatenato e il più tortuoso degli artisti che si conoscono. Tutti l'hanno fatto soffrire, coloro che gli volevano bene coloro che gli volevano male, che hanno oppresso e quelli che hanno fatto esplodere il suo genio: il padre, i fratelli, compagni d'arte, i discepoli, i committenti e i mecenati, i critici e gli ammiratori: e su tutti egli si è torturato da se stesso per la sua implacabile coscienza d'uomo e per lo smisurato ideale ch'egli ebbe per l'arte, e a cui certo nessuna delle sue creazioni gli parve vicina, sebbene avesse la consapevolezza intera della sovranità di ciascuna, sulle opere dei suoi contemporanei e non di questi soli. L'invidia, la gelosia, il rancore l'ambizione e l'orgoglio ferito, l'odio politico, interesse materiale, l'anno assediato per tutta la vita come una muta di cagne, dilaniandolo. Adolescente, quando si provava alla scultura nell'orto dei Medici in Firenze, ha preso da quel suo compagno di studi inetto e vanaglorioso, Torrigiani, un tal pugno in faccia, che gli ha spezzato la radice del naso, e l'ha sconciato per tutta la vita. Fatto uomo, quan d'ebbe compiuto il David, e trasportavano il marmo enorme e pesante con macchine e fatiche al suo piedistallo del Palazzo della Signoria, una ciurma di Fiorentini dovette essere cacciata in prigione, perché aveva tentato di spezzare la statua a legnate. Quando, nel pieno della maturità, lavorava a Roma alla tomba di Giulio II, e fuggì, in un soprassalto di collera giusta, perché il Papa d'improvviso aveva rifiutato di riceverlo, la villania che l'aveva sospinto alla fuga non era che l'ultima goccia; ma il calice traboccava già d'amarezza e di spavento; ed egli stesso confessa che, se non fosse scappato, sarebbe stata pronta al più presto la sua tomba che quella di Giulio II. Quando tornato penitente ai piedi del Papa che trionfava dei Bentivoglio, a Bologna.
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