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Per esempio, sollecitare Leone X a smettere il saccheggio della Roma antica (sfruttata come cava di materiale a costo zero) e a farne un' accurta selezione e catalogazione.
E classico è il suo modo di riprendere lo spirito antico-con le sue architetture, le grottesche, le decorazioni a stucco di certi palazzi, il mosaico per la cupola della Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo-, ma senza il ferreo ortodossismo del classico vero e proprio.
L'artista, studia e coltiva un'altra vena che ammorbidisce e rende il suo classicismo molto frizzante: è quello per gli effetti teatrali che sempre più vengono marcati dalla sua pittura nella Madonna di Foligno (1511-1512) con i suoi accessi colorati molto giorgioniani, alla Madonna Sistina (1513-1514) e alla Santa Cecilia (1514), fino alla Trasfigurazione, dalla tanto discussa attribuzine.
L'impostazione teatrale viene enfatizzata nella Trasfiguazione, finita dagli allievi, dove si vede una zona superiore molto luminosa -con il Cristo che sale gloriosamente in cielo- sovrastare la cupola area inferiore, dove gli spettatori del miracolo nel sottolineare l'eccezionalità con gesti esagerati o, appunto, teatrali.
La passione umanistica che Raffaello nutre per il teatro si esprime concretamente nell'allestimento di alcune scenografie, come quella per i Suppositi dell'Ariosto nel 1519.
LA BOTTEGA DI RAFFAELLO
Raffaello si è sempre circondato di aiutanti e allievi per
portare avanti tutto il lavoro che gli veniva commissionato.
Ne nasce così una bottega ben organizzata, che continua a produrre
per qualche anno dopo la morte del maestro.
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La maggior impresa collettiva è la decorazione della loggia del Vaticano, una lunga galleria con dodici campate dipinta con scene del Vecchio Testamento e una con quelle del nuovo, interrotte da una vistosa decorazione a grottesche che riprende il gusto archeologico allora tanto di moda.
Il gruppo lavora molto bene, ma dopo aver ricevuto un duro colpo dalla morte di Raffaello non reagisce al colpo successivo.
Nel 1527 i lanzichenecchi dell'imperatore Carlo V irrompono a Roma, mettendola a ferro e fuoco, mentre Clemente VII dè Medici è chiuso nel castello di Sant'Angelo.Crollano così i sogni di Roma caput mundi,
un vento di guerra investe furioso e devastante l'operosa tranquillità di cantieri e botteghe. Durante la spietata occupazione tedesca molti artisti crollano psicologicamente: molti impazziscono, altri si chiudono in convento, altri ancora fuggono. La loro visione del mondo non sarà più la stessa.
Fra i collaboratori di bottega di Raffaello, Gulio Romano si trasferisce a Mantova, Polidoro da Caravaggio inizia un esodo verso sud andando prima a Napoli poi a Messina, Perin del Vaga migra a Genova.
Giulio Romano, al secolo Giulio Pippi, il capo gruppo della bottega, a Roma non farà più ritorno, l'intraprendente artista, che non esitò mai a usare con disinvoltura le sue carte e le sue conoscenze per sottrarre lavoro alla concorrenza migrò verso nord. Insieme a Federico II Gonzaga si occupò del rinnovamento di Mantova. Ridisegna il Mercato del pesce (1535), l'interno del duomo (1535) e il palazzo ducale con lo stupendo Cortile della Cavallerizza (1530). Il suo capolavoro è la residenza di svago della famiglia Gonzaga, Il Palazzo del Tè (terminato intorno al 1535), con la fastosa decorazione ad affresco, a olio e a stucco incentrata su due temi iconografici: le passioni amorose, nel ciclo dedicato alle Storie di Siche, e le virtù di Federico II, terminando nella sala dei giganti, con il celebre affresco dalla Caduta dei titani: l'opera, con la sua potenza drammatica e insieme il suo illusionismo, diventerà un modello di riferimento per il manierismo europeo. Da questa eredità in campo artistico prende le mosse il Palladio, un artista che non si forma a Roma ( anche se ha occasione di visitarla e studiarla accompagnando nei suoi viaggi il famoso umanista Gian Giorgi Trissino, il suo protettore), ma ne rivitalizza la tradizione prima come architetto della nobiltà terriera veneta e poi come architetto ufficiale della Serenissima.
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